Knitting terapeutico
Improvvisamente, con la pandemia, ci siamo sorpresi a scorrere immagini di artisti, addirittura sportivi, uomini e donne, ragazzi e ragazze intenti proprio a sferruzzare e a condividere con orgoglio i propri progressi. Intorno alla maglieria fatta con le mani sono nate community. Il knitting diventava virale, moderno e per qualcuno, dichiaratamente, necessario. Osiamo? Terapeutico. Sono nati studi, ricerche che hanno confermato i risultati. Lavorare a maglia fa bene. Fa bene all’umore perché mette a tacere il rumore della mente, fa bene all’autostima perché porta a termine un progetto e dà il piacere del risultato, combatte lo stress perché la manualità riporta la concentrazione sul qui e ora. Recupera il senso di una filiera dimenticata, quella della lana e, senza abbandonare il fare, costruisce relazioni che superano i confini della lingua e permettono di esplorare il mondo. Oggi si può. Si può imparare come nasce la lana, si possono scegliere i tessuti, si condividono progetti e, soprattutto, si è riscoperto il piacere di imparare insieme. Allora sono nati i knitting tour. Uniti da una comune passione, uomini e donne affrontano viaggi per vivere insieme esperienze che aprono a nuove conoscenze. Come un vaso di Pandora, il recupero di un tempo intimo che allena la creatività e allarga il tempo, apre all’esplorazione della natura del pianeta e dell’uomo.